The nineteenth hole

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The nineteen hole

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E’ l’ 8 Aprile 1935, si è appena concluso il playoff per l’assegnazione della seconda edizione del Masters Tournament, si festeggia…

Whisky e soda alternati a gin, un giro dopo l’altro, il proibizionismo è terminato da un paio d’anni appena… i ricordi e i racconti abbracciano una intera carriera.

Oggi, per primo ( e non sarà il solo primato…) ha conquistato il Grande Slam di carriera.

Dopo di lui ci riusciranno Ben Hogan, Gary Player, Jack Nicklaus e Tiger Woods.

Il suo pensiero torna al giorno prima, sotto di due colpi da Craig Wood, alla 14 studiava il modo di uscire dal rough ed ecco arrivare quel boato dalle tribune della 18: Wood aveva imbucato per il birdie, i colpi erano diventati 3….

Walter Hagen, suo compagno di gioco e storico rivale aveva chiosato: “ Bene, penso sia finita qui…”

Ma non aveva considerato abbastanza la tenacia e l’ ostinazione di quel piccolo gigante del golf: “ Beh, non è detto, si può imbucare da dappertutto…” .

In club house intanto scrivevano già il nome di Craig sull’ assegno da 1500 dollari di premio.

Par alla 14, si va alla 15, par 5, il drive non è male ma ci sono ancora 235 yards alla bandiera, con un ostacolo d’acqua proprio davanti al green. Il suo caddy, Stovepipe, suggerisce un 3 pieno, ma lui non è convinto, osserva il lie della palla. Hagen gli mette fretta, quella sera ha una cena galante…

Ha deciso, il legno 4 viene sfilato dalla sacca.

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Tra lo sparuto gruppo di persone che assistono alla scena c’è nientemeno che il padrone di casa, Bobby Jones, venuto a vedere i suoi due più temibili avversari dell’epoca. E un giovane Byron Nelson, dall’adiacente fairway della 17.

Il colpo è solido, verrà poi definito “the shot heard ‘round the world”, la palla scheggia la sponda lunga dell’ ostacolo, rimbalza sul green e placidamente rotola in buca…. double eagle, Wood è ripreso.

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Le altre tre buche erano stati tutti par, il giorno dopo ci sarebbe stato lo spareggio, 36 buche in quella edizione.

E adesso era finita, aveva vinto con 5 colpi di scarto… Craig secondo come l’ anno prima, nell’edizione inaugurale dell’ evento…

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Quanta strada aveva fatto questo figlio di poveri immigrati siciliani, nato ad Harrison, vicino a New York nel 1902. Il suo nome di battesimo era Eugenio Saraceni, ma l’aveva cambiato appena diventato professionista, a 19 anni, perché non era un nome da golfista….

Gene Sarazen, questo sì era un nome da golfista, ed è con questo che ha fatto un pezzo di storia del golf.

I ricordi vanno indietro, quando, a 10 anni, per aiutare la famiglia, aveva conosciuto il gioco partendo, come tanti altri grandi campioni, dal “caddy yard”.

Il suo primo set completo di mazze, alla vigilia dell’avventura da professionista, adesso si cominciava a fare sul serio….

Il fisico non l’aiutava, superando di poco il metro e sessanta, ma era solido e soprattutto tenace.

Ritorna col pensiero allo Stroke Country Club, al primo U.S. Open vinto a 20 anni, con un 68 finale, primo giocatore a scendere sotto i 70 colpi nell’ ultimo giro della competizione.

E a qualche mese dopo, ad Oakmont, dove conquista il suo primo PGA Championship.

Al secondo, l’anno dopo, a Pelham, vicino a casa, dove aveva battuto nientemeno che Walter Hagen, il grande mattatore del match play, la formula in uso allora, vittorioso nel 1921 ma assente nel ’22 perché impegnato a vincere l’Open Championship in Inghilterra, al Royal St. George…

Un sorriso furbetto precede il ricordo della sua avventura europea, l’anno è il 1932 e Gene è impegnato nel British Open al Prince Golf Club, Sandwich, Kent.

Si era portato dietro questo suo esperimento, ma per la paura che glielo vietassero, nei giri di prova l’aveva tenuto in sacca capovolto . Alla sera se lo portava via, infilato sotto il gabardine. Una volta iniziato il primo giro non glielo avrebbero più potuto vietare per la gara, non lo faranno neanche dopo, per nostra fortuna…

L’idea gli era venuta pochi mesi prima, volando con l’amico del tempo, Howard Hughes, l’eccentrico miliardario americano appassionato di golf e aeroplani.

Aveva osservato il modo in cui l’estrazione degli ipersostentatori modificava il profilo dell’ala.

A casa si era rinchiuso in garage e per mesi aveva saldato flange, aggiunto pesi, limato e piegato fino ad arrivare ad un prototipo funzionante.

Era il tormento di tanti golfisti del tempo, da quando l’ anno prima avevano vietato l’Hagen wedge, l’unico attrezzo all’epoca in grado di far volare la palla fuori dai temibili bunkers…

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Il ferro era concavo e si era convenuto che il contatto tra faccia del bastone e palla non fosse puro.

Prima dell’Hagen wedge (non inventato da Hagen, ma la prima sponsorizzazione tra mazze e golfisti) si usava lo Jigger  che era l’ antenato del pitch, oppure degli accrocchi strani.

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E non che i bunker anni fa fossero meno penalizzanti degli attuali…

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Con quel nuovo attrezzo di sua invenzione e un nuovo tipo di colpo che era diventato possibile, l’explosion, aveva conquistato il British Open e, nello stesso anno, l’ U.S. Open a Fresh Meadows con un 66 finale che è rimasto un record fino al 1960 (battuto da uno strepitoso 65 di Arnold Palmer a Cherry Hills, per rimontare e vincere su Ben Hogan e Jack Nicklaus).

L’anno dopo il terzo PGA a Milwaukee, sopra di 5 con 4 da giocare nel giro finale.

La Wilson, leader dell’ epoca nell’attrezzatura da golf fiuta l’affare, è il ferro che tutti vogliono.

Sarazen è gia sotto contratto, i pitch e i ferri 9 martirizzati nel garage sono loro.

Il wedge viene riprodotto industrialmente, è il prototipo di tutti i sand wedges esistenti: 55 gradi di loft, 11 gradi di bounce, 36 pollici e mezzo di lunghezza.

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Avrebbe fatto la sua fortuna: con i guadagni si comprerà un appezzamento di terra e diventerà poi per tutti “ the Squire”, in italiano: possidente, proprietario terriero.

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Torniamo al 1935, oggi è stato il suo canto del cigno, non vincerà più altri majors ma giocherà il Master per altri 33 anni a seguire.

Nel corso della sua carriera, oltre ai 7 Majors, vincerà 32 gare del PGA Tour, altre gare minori, l’ultima nel 1966 e 2 PGA Senior Championships nel ’54 e ’58.

Sei volte nella selezione della Ryder Cup, dal ’27 al ’37.

Prima del sand wedge si era inventato il “reminder grip” con un peso al termine dello shaft, uno dei primi attrezzi d’allenamento ma ancora prodotto e usato.

Chicca finale, Gene Sarazen è uno dei pionieri e sicuramente il primo golfista di merito ad utilizzare l’interlock grip, da allora adottato da milioni di golfisti.

(Mirrorpix/Newscom) SARAZEN-LS-040716-newscom British Open 1952. Royal Lytham & St Annes Golf Club, Lancashire, 10th July 1952. The 81st Open Championship, was held from 9th to 11th July. Pictured, Gene Sarazen of the USA. (Newscom TagID: mrpphotos335481.jpg) [Photo via Newscom]

Questo grande campione, a 71 anni suonati, invitato a Troon per celebrare il 50esimo anniversario della sua vittoria al British Open, si è permesso di imbucare dal tee al famigerato par 3 della 8 , “The postage stamp”, il francobollo, per le dimensioni ridotte del suo green circondato da bunkers e rough.

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Il giorno dopo, al secondo giro, non è andato oltre il birdie…

Augusta gli rimarrà sempre nel cuore, nel 1955, per onorare la sua impresa, viene costruito il Sarazen Bridge di fianco al green della storica 15, a 77 anni sarà nominato “Honorary Starter” , compito che svolgerà per 20 anni, fino al 1999, quando, solo 5 settimane prima dell’ ultimo viaggio, con un drive di ultimissima generazione, shaft in grafite e tutto il resto, 5 o 6 prove in campo pratica, ci ha lasciato con un piccolo, delizioso draw…

Honorary Starter Gene Sarazen looks on during The 1994 Masters Tournament (Photo by Augusta National/Getty Images)